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Bromelina

Che cos’è la bromelina

Si tratta di un enzima presente nel succo e, soprattutto, nel gambo dell’ananas.

 

A cosa serve la bromelina

Si crede che possa aiutare a combattere il dolore e il gonfiore derivanti da stati infiammatori. Sembra inoltre che possa interferire con la crescita delle cellule tumorali e con la coagulazione del sangue. Per questo motivo il suo impiego viene proposto per prevenire i tumori, per ridurre l’infiammazione, rallentare la coagulazione, per combattere l’artrite e altri disturbi reumatici, la febbre da fieno e la colite ulcerosa. A volte viene altresì consigliata per rilassare i muscoli, stimolarne la contrazione o prevenirne l’indolenzimento dopo l’attività fisica, migliorare l’assorbimento degli antibiotici, abbreviare il travaglio e aiutare l’organismo a liberarsi dei grassi, per rimuovere le cellule morte o danneggiate da ustioni e prevenire l’edema polmonare.

Le prove a sostegno di queste indicazioni d’uso non sono però ancora sufficienti; nel caso della prevenzione dell’indolenzimento muscolare la scienza sembra addirittura contestarne l’efficacia. Inoltre non risultano esservi alcuni claim sui benefici dell’assunzione di bromelina che siano stati approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare).

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Il suo utilizzo potrebbe interagire con quello di alcuni antibiotici (in particolare dell’amoxicillina e delle tetracicline). Inoltre la sua capacità di rallentare la coagulazione sanguigna potrebbe far sì che questo enzima possa interferire con l’assunzione di medicinali anticoagulanti e antiaggreganti; perciò la bromelina potrebbe essere sconsigliata nel caso di programmati interventi chirurgici. Inoltre non si hanno ad oggi sufficienti informazioni che ne certifichino la sicurezza durante la gravidanza e l’allattamento. In caso di dubbio è sempre bene confrontarsi col proprio medico.

Negli altri casi, quantità non eccessive di tale sostanza possono essere considerate sicure, fatti salvi possibili effetti indesiderati come diarrea e fastidi gastrointestinali. Non bisogna però dimenticare che il suo utilizzo potrebbe anche causare delle reazioni allergiche (soprattutto in caso di soggetti allergici al lattice, al grano, al sedano, all’ananas, alla papaina, alla carota, al finocchio e al polline del cipresso e delle graminacee).

 

Disclaimer

Le informazioni riportate in questo articolo rappresentano delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico. In ottica di un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre opportuno affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Carnitina

Che cos’è la carnitina?

La carnitina animali (dal latino “caro, carnis”, ovvero “carne”) è una sostanza che si trova naturalmente nei tessuti. Le funzioni che svolge all’interno del nostro organismo sono numerose: la più conosciuta è quella di trasportare gli acidi grassi all’interno dei mitocondri – che sono le centrali energetiche delle cellule – dove vengono quindi convertiti in energia; a livello della membrana mitocondriale interna è difatti presente un sistema atto a veicolare sia la carnitina che alcuni suoi derivati. È un fattore di crescita del verme della farina Tenebrio molitor.

 

A cosa serve la carnitina?

Essa rientra nell’elenco stilato dal Ministero della Salute “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”. Secondo le indicazioni del Ministero della Salute, la massima dose giornaliera consentita è di 1000 mg.

Le proprietà della carnitina per le quali essa viene utilizzata come integratore, soprattutto in ambito sportivo (per incrementare le performance fisiche) e alimentare (come aiuto per calare di peso) sono numerose. In ambito dietetico/alimentare essa svolgerebbe un ruolo determinante nel metabolismo dei lipidi, facilitando la trasformazione dei grassi in energia e faciliterebbe la combustione del grasso durante l’esercizio. In ambito più propriamente sportivo, la carnitina avrebbe la capacità di facilitare il recupero a livello muscolare dopo la performance atletica e di agevolare la riparazione del tessuto muscolare in caso di danni; contribuirebbe altresì a ritardare l’insorgenza della fatica, a mantenere elevati livelli di energia per prolungati periodi durante sforzi fisici e, inoltre, aumenterebbe la resistenza. Nei soggetti anziani, infine, tale sostanza aiuterebbe a mantenere i livelli di colesterolo e di lipidi nel sangue sotto controllo.

Non risultano esservi claim approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specificatamente rivolti a prodotti a base di questa sostanza. Le proposte delle indicazioni secondo cui la carnitina sortirebbe i benefici sopra riportati sono state sinora rifiutate per l’assenza di prove scientifiche sufficienti a giustificarle o perché gli effetti benefici non sono risultati sufficienti a soddisfare i richiesti criteri.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

In caso di iperdosaggio, gli effetti avversi cui si va più spesso incontro sono: diarrea, crampi addominali, nausea e vomito. È opportuno non consumare questa sostanza in caso di sospetta o accertata ipersensibilità al principio attivo.

 

Disclaimer

Le informazioni qui riportate sono solamente delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico-specialistico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre consigliabile affidarsi al parere del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Cardo mariano

Che cos’è il cardo mariano?

Conosciuto anche come cardo latteo (nome scientifico Silybum marianum), è una pianta molto diffusa in diversi paesi del bacino del Mediterraneo. Le sostanze biologicamente attive che vengono estratte dai suoi semi sono silibina, silicristina e silidianina; i semi vengono utilizzati per preparare capsule, polveri, estratti e tinture.

 

A cosa serve il cardo mariano?

Grazie alle sue proprietà antiepatotossiche note sin dall’antichità, tale pianta viene impiegata in caso di sofferenza organica e funzionale del fegato derivante da patologie come epatiti, cirrosi e steatosi (avrebbe proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidative); ha inoltre effetti colagoghi (ovvero favorisce l’escrezione della bile), preserverebbe la cistifellea da alcuni disturbi e avrebbe anche capacità diuretiche. Altri benefici apportati da questa pianta includono la riduzione dei livelli di colesterolo e degli zuccheri nel sangue.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Negli studi fino ad oggi effettuati circa la sua assunzione è emerso – in generale – che gli estratti di questa pianta sono ben tollerati se assunti in modo appropriato. Tra gli effetti collaterali più riscontrabili si possono citare: mal di testa, irritabilità, disturbi gastrointestinali (soprattutto diarrea e gonfiore addominale), disidratazione e difficoltà nel prendere sonno. Più raro, invece, un calo del desiderio sessuale. Può inoltre dar vita a reazioni allergiche che tendono ad essere più comuni tra i soggetti con allergia accertata a piante della stessa famiglia (quali margherite, ambrosie, crisantemi e calendule).

Poiché l’utilizzo dei suoi estratti può comportare la riduzione del livello di zuccheri nel sangue, è opportuno che i soggetti ipoglicemici o che assumono farmaci, integratori o altre sostanze che interagiscano con tale livello, usino la debita cautela nel consumare prodotti a base di questa pianta.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate in quest’articolo rappresentano solo delle indicazioni generali e non possono sostituire in alcun modo il parere medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre opportuno affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Carbone vegetale

Che cos’è il carbone vegetale?

Noto anche come carbone attivo, è un prodotto derivante dalla combustione di materiale di origine vegetale (per esempio legno o il guscio delle noci di cocco). Il carbone ottenuto da questa combustione viene scaldato in presenza di gas che portano alle formazione, al suo interno, dei pori tipici del carbone attivo.

A cosa serve il carbone vegetale?

La porosità tipica del carbone vegetale attivo viene sfruttata al fine di intrappolare sostanze e/o gas, in modo da evitarne l’assorbimento o l’accumulo nell’apparato digerente. Il suo impiego viene proposto per ridurre la flatulenza, per abbassare il livello di colesterolo, per curare gli avvelenamenti e per trattare problemi nel flusso di bile durante la gravidanza (colestasi gravidica).

L’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha approvato il claim secondo cui il carbone attivo contribuirebbe alla riduzione della flatulenza dopo i pasti; tale claim può però essere impiegato solo nel caso di prodotti che contengano almeno 1 gr. di carbone attivo per porzione quantificata e informando l’utilizzatore del fatto che gli effetti benefici possono essere ottenuti solo assumendo 1 gr. di carbone attivo sia almeno 30 minuti prima che dopo il pasto.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Tale sostanza non deve essere assunta contestualmente allo sciroppo di ipecac poiché – legandolo a livello dello stomaco – può ridurne l’efficacia. Il suo impiego potrebbe inoltre interferire con l’assorbimento dei medicinali assunti per via orale; per questo, prima di assumerlo, è sempre opportuno chiedere consiglio al proprio medico.

È bene rammentare che il consumo contemporaneo di alcol e di carbone attivo può inibire la capacità di quest’ultimo di agire come antidoto agli avvelenamenti. Per il resto, il suo uso a breve termine è considerato sicuro per la maggior parte degli adulti, tranne i casi in cui si soffra di blocchi intestinali o di rallentamenti del transito intestinale.

Fra i possibili effetti collaterali della sua assunzione sono inclusi feci scure e costipazione. Più raramente possono aversi disidratazione, blocchi intestinali e rigurgito polmonare.

 

Disclaimer

Le informazioni qui riportate sono solamente delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico-specialistico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre consigliabile affidarsi al parere del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Capsaicina

Che cos’è la capsaicina?

Conosciuta anche col nome di capsicina, è un composto organico presente nei peperoncini; nello specifico è la sostanza responsabile del loro sapore piccante.

 

A cosa serve la capsaicina?

Le proprietà benefiche che vengono attribuite alla capsaicina – grazie alle quali questo composto organico viene inserito all’interno di diversi integratori – sono numerose, sebbene alcune di esse siano ancora da accertare dal punto di vista scientifico. Attesa la sua capacità di legarsi ad alcuni recettori del dolore – desensibilizzandoli – la capsaicina sembrerebbe avere proprietà antidolorifiche. Risulterebbe inoltre indicata contro le infiammazioni e nella gestione di alcune patologie infiammatorie, anche importanti come l’artrite reumatoide. Nei casi di obesità sembra possa aiutare a ridurre il livello di colesterolo “cattivo” nel sangue. Secondo alcune ricerche avrebbe altresì delle capacità anticancro (provocando la morte programmata delle cellule tumorali e inibendo la crescita dei vasi sanguigni che apportano sangue al tumore) e sarebbe in grado di regolare la risposta immunitaria (capacità immunomodulanti). Secondo alcuni studi, inoltre, potrebbe contribuire alla perdita di peso grazie alle sue proprietà termogeniche (che determinano, cioè, la produzione di calore corporeo) e favorire un incremento della resistenza fisica.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

L’assunzione di prodotti a base di capsaicina risulta di solito ben tollerata; se utilizzata ad alti dosaggi può risultare irritante per le mucose. È opportuno che si astengano dal consumare questa sostanza i soggetti che soffrono di disturbi a carico del sistema gastrointestinale come reflusso gastroesofageo, gastrite, emorroidi, morbo di Crohn, diverticolite ecc. Attualmente non sono note particolari interazioni farmacologiche legate all’utilizzo della capsaicina. Atteso l’esiguo numero di studi relativi alla sicurezza del suo impiego durante gravidanza e allattamento, a scopo cautelativo si consiglia di evitare di consumare prodotti a base di questa sostanza durante queste due particolari fasi.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate in quest’articolo rappresentano solo delle indicazioni generali e non possono sostituire in alcun modo il parere medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre opportuno affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Calcio citrato

Che cos’è il calcio citrato?

Si tratta del sale di calcio dell’acido citrico che, in ambito alimentare, viene utilizzato come additivo antiossidante ed è indicato dalla sigla E333; è inoltre un ingrediente di alcuni integratori alimentari.

 

A cosa serve il calcio citrato?

Il calcio è necessario per un corretto funzionamento delle cellule, dei nervi, del cuore e dei muscoli; inoltre è fondamentale per mantenere in salute le ossa. Per questo motivo, in caso di insufficiente apporto di calcio tramite l’alimentazione, viene indicata l’assunzione integratori alimentari a base di calcio citrato per prevenire o trattare livelli ematici troppo bassi di tale micronutriente. Il calcio citrato viene ad esempio consigliato nei casi di osteoporosi, rachitismo, osteomalacia, ipoparatiroidismo e tetania latente. Inoltre ne viene proposto l’impiego durante la gravidanza e l’allattamento, dopo la menopausa e in caso di assunzione di medicinali come la fenitoina, il fenobarbital o il prednisone.

Non risulta, però, che l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) abbia sinora approvato claim che giustifichino queste proposte. Inoltre, sulla base delle prove scientifiche attualmente a disposizione, l’Autorità ha rifiutato i claim nutrizionali proposti secondo i quali il calcio promuoverebbe la salute dell’udito e del cuore.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Tale sostanza può diminuire l’assorbimento dell’estramustina, della levotiroxina, delle tetracicline, dei bifosfonati e del chinoloni. Nel dubbio è sempre bene chiedere consiglio al proprio medico.

L’assunzione di calcio citrato a mezzo di integratori alimentari potrebbe causare costipazione o fastidi di stomaco. E’ inoltre opportuno informare il medico o il farmacista in caso di alterazioni nella quantità di urina prodotta, dolori ossei o muscolari, mal di testa, variazioni dell’umore o del comportamento, aumento della sete, debolezza, stanchezza, nausea, vomito, perdita dell’appetito o di peso ed alterazioni del battito cardiaco.

Prima di assumere integratori a base di calcio citrato è raccomandabile chiedere consiglio al proprio medico, anche durante le fasi di gravidanza e allattamento.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate in quest’articolo rappresentano solo delle indicazioni generali e non possono sostituire in alcun modo il parere medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre opportuno affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Beta-alanina

Che cosa è la beta-alanina?

Conosciuta anche col nome di β-alanina, o acido β-aminopropionico, è un aminoacido che – unitamente all’acido pantoico – entra a far parte, sotto forma di acido pantotenico, nel processo di costituzione di un importante coenzima, il coenzima A. È un aminoacido detto non essenziale, poiché sintetizzabile a partire dall’alanina tramite specifici meccanismi enzimatici. Si trova altresì nei dipeptidi (molecole che sono formate dall’unione di due singoli amminoacidi a mezzo di un legame peptidico) carnosina e anserina e, in forma libera, nel sistema nervoso centrale.

 

A cosa serve la beta-alanina?

La beta-alanina rientra nell’elenco redatto dal Ministero della Salute “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico” con l’indicazione: precursore della carnosina.

Questa sostanza è tra quelle che sono più spesso comprese all’interno degli integratori sportivi sebbene – sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili – molti dei suoi effetti non siano stati ancora provati.

Molteplici sono comunque le indicazioni per cui essa viene utilizzata come integratore. Sarebbe in grado di facilitare gli allenamenti ad alta intensità, di potenziare la resistenza e ritardare l’affaticamento muscolare, contribuendo all’ottimizzazione degli allenamenti (soprattutto brevi e intensi), di sostenere maggiori quantità di allenamento anaerobico; aiuterebbe inoltre a mantenere il pH muscolare a livello ottimale durante l’esercizio fisico, tamponando l’azione dell’acido lattico. Infine tale aminoacido sarebbe anche in grado di migliorare la ventilazione sotto sforzo, abbassando la sensazione di fatica e contribuendo ulteriormente all’esecuzione di allenamenti ad alta intensità.

Secondo l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) attualmente si può ritenere che la beta-alanina contribuisca all’aumento della resistenza fisica, all’aumento delle prestazioni atletiche durante esercizi a breve termine e/o ad alta intensità e all’incremento delle riserve di carnosina a livello muscolare.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

È consigliabile che la beta-alanina venga assunta lontano dai pasti al fine di garantirne il corretto assorbimento. L’impiego in quantità eccessive di questo integratore può comportare arrossamenti e calore a livello dermatologico nonchè intorpidimenti (parestesie); tutti questi disturbi regrediscono interrompendo l’assunzione della sostanza.

 

Disclaimer

Le informazioni qui riportate rappresentano solo delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre raccomandabile affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Argentina

Che cos’è l’argentina?

Nota anche con il nome di “potentilla”, è una pianta dicotiledone (Potentilla L.) che appartiene alla famiglia delle Rosaceae. I suoi fiori e le sue foglie sono utilizzati per ottenere prodotti ad uso medicale.

 

A cosa serve l’argentina?

Essa contiene tannini, che sono molecole di origine vegetale cui sono attribuite sia la capacità di contribuire alla riduzione dell’infiammazione dell’epidermide che proprietà astringenti nei confronti dei tessuti.

L’uso di prodotti a base di tale pianta viene indicato per combattere la diarrea. Alcune donne vi fanno altresì contro i fastidi associati alla sindrome premestruale e nel caso di perdite mestruali leggermente dolorose. Talvolta la potentilla viene infine applicata direttamente sull’area da curare per trattare dolori e gonfiori alla bocca e alla gola, sintomi tipici dell’infiammazione.

Le prove scientifiche a sostegno di tali utilizzi non sono però ancora sufficienti nè risulta che l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) abbia sinora autorizzato claim che giustifichino queste proposte d’impiego.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Non risultano esservi condizioni in cui l’utilizzo di prodotti che abbiano fra i loro ingredienti la potentilla potrebbe interferire con l’assunzione di medicinali o di altre sostanze. In caso di dubbio, è consigliabile affidarsi al parere del proprio medico.

In generale, pare che l’uso di argentina possa essere considerato sicuro per la maggior parte degli individui. Non sono però ancora disponibili dati sufficienti per poterne garantire la sicurezza durante fasi delicate della vita come la gravidanza e l’allattamento; perciò è opportuno chiedere preventivo consiglio al proprio medico o al pediatra.

L’impiego di argentina non è del tutto esente dalla comparsa di possibili effetti collaterali. In particolare, l’utilizzo di prodotti a base di potentilla potrebbe causare fastidiose irritazioni allo stomaco.

 

Disclaimer

Le informazioni qui riportate rappresentano solo delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre raccomandabile affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Astaxantina

Che cos’è l’astaxantina?

Si tratta di un carotenoide presente naturalmente in alcune alghe e che conferisce il loro tipico colore a determinati pesci come il salmone e a crostacei come l’astice e il gambero.

 

A cosa serve l’astaxantina?

Ha un elevato potere antiossidante: le viene quindi attribuita la capacità di proteggere le cellule dai danni associati all’ossidazione. Si ritiene altresì che possa migliorare il funzionamento dell’intero sistema immunitario.

Il suo impiego viene proposto per la cura dell’ictus, del colesterolo alto, della degenerazione maculare senile, della malattia di Alzheimer e del Parkinson. Viene anche utilizzata per la prevenzione del cancro e – se applicata direttamente sulla pelle – per proteggere la pelle dalle ustioni solari.

L’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) non ha sinora autorizzato i claim proposti secondo essa supporterebbe la funzione immunitaria, proteggerebbe il DNA, favorirebbe l’aumento dell’energia, aiuterebbe a mantenere nella norma il livello di colesterolo e bassi livelli di proteina C reattiva, sarebbe utile per gli occhi, la vista e la pelle (anche durante l’esposizione al sole), sarebbe indicata nel caso di problemi alle cartilagini, supporterebbe la salute delle articolazioni (anche dopo un’attività fisica pesante), dei tendini e del tunnel carpale, contribuirebbe a proteggere i radicali liberi e altri agenti dannosi presenti nell’ambiente, eserciterebbe un effetto anti-invecchiamento, aiuterebbe ad affrontare lo stress fisiologico.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Non sono ad oggi note condizioni in cui l’assunzione di supplementi a base di astaxantina potrebbe interagire con quella di farmaci o di altre sostanze. Nel dubbio è bene chiedere un consiglio al proprio medico.

La sua assunzione via bocca è considerata sicura; ne è riportato l’impiego a dosi comprese tra i 4 e i 40 mg al dì, per un periodo lungo anche fino a 12 settimane; in combinazione con altri carotenoidi, vitamine e minerali a dosi di 4 mg al d’ anche per un anno. Non si possiedono però informazioni sufficienti per garantirne la sicurezza in corso di gravidanza e di allattamento; per questo è raccomandabile consultarsi col proprio medico prima dell’assunzione.

 

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Le informazioni riportate in questo articolo rappresentano delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico. In ottica di un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre opportuno affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

Artiglio del diavolo

Che cos’è l’artiglio del diavolo?

Dal nome scientifico Harpagophytum procumbens, è un’erba appartenente alla famiglia delle Pedaliaceae. Vengono utilizzati a scopo medicinale sia le sue radici che i suoi tuberi.

 

A cosa serve l’artiglio del diavolo?

E’ rinomato per le sue proprietà antinfiammatorie che contribuirebbero a ridurre i gonfiori e i dolori. Il suo impiego viene per esempio proposto contro i dolori al petto, i fastidi gastrointestinali, il reflusso gastroesofageo, la febbre, le emicranie, l’aterosclerosi, l’artrite, la gotta, i dolori muscolari, il mal di schiena e la tendinite. E’ stato altresì prescritto in caso di reazioni allergiche, perdita dell’appetito, disturbi renali o alla vescica, difficoltà durante il parto e problemi mestruali.

Non risulta però che l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) abbia sinora approvato alcun claim che giustifichi gli usi proposti.

 

Avvertenze e possibili controindicazioni

Tale erba potrebbe ridurre la velocità di metabolizzazione, da parte del fegato, di alcuni farmaci (in particolare dei principi attivi che vengono modificati dal citocromo P450 2C9, dal citocromo P450 2C19 e dal citocromo P450 3A4) aumentandone sia l’effetto che gli effetti collaterali. Potrebbe altresì aumentare l’effetto del warfarin (aumentando così il rischio di lividi ed emorragie) e quello degli antidiabetici (incrementando il rischio di ipoglicemia) nonchè ridurre l’efficacia di alcuni medicinali utilizzati per inibire l’acidità gastrica (i cosiddetti H2 antagonisti e gli inibitori della pompa protonica).

La sua assunzione via bocca è considerata sicura se non si superano i dosaggi raccomandati, almeno nel caso in cui la cura viene condotta per non più di un anno. Tuttavia, nell’8% circa dei casi, il trattamento con artiglio del diavolo è stato associato a uno sgradevole effetto indesiderato: la diarrea. La sua assunzione può inoltre causare acufeni, problemi mestruali, variazioni della pressione sanguigna, nausea, vomito, dolori addominali e mal di testa,.

Potrebbe esserne controindicato l’impiego nel caso di calcoli biliari, ulcera peptica e problemi cardiovascolari. Non si hanno invece informazioni sufficienti sulla sua sicurezza in fase di gravidanza e durante l’allattamento. Nel dubbio è bene chiedere consiglio al proprio medico.

 

Disclaimer

Le informazioni qui riportate rappresentano solo delle indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico. Al fine di garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre raccomandabile affidarsi ai consigli del proprio curante o di un esperto di nutrizione.

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