Che cos’è la calcificazione della spalla?
La calcificazione è un processo degenerativo che interessa i tendini della spalla ed è caratterizzata dalla formazione di depositi di calcio nei tessuti connettivali dei tendini che provoca un forte dolore.
Quali sono i sintomi?
Il quadro clinico non può, evidentemente, che essere l’espressione della evoluzione dei vari stadi delle calcificazioni.
L’inizio della sintomatologia è sicuramente di tipo cronico, con disturbi molto modesti e disagio contenuto.
Lo stato iniziale della formazione dei depositi non presenta neoformazione vascolare, reazione cellulare e non vi sono cambiamenti di tensione del tessuto tendineo.
In questa fase bisogna tenere in considerazione come calcificazioni molto voluminose possano entrare in conflitto con il legamento coraco-acromiale.
Questo tipo di sintomatologia si prolunga nella fase di quiescenza.
Il quadro clinico diviene molto doloroso, invece, nella fase di riassorbimento in quanto la neoformazione vascolare, unitamente allo stato essudativo, può portare un aumento considerevole del volume tissutale con conseguente aumento della pressione intratendinea. L’aumento di volume, di per sé doloroso, deve fare anche i conti con le strutture vicine con le quali può entrare in conflitto.
In sintesi, esistono tre forme sintomatiche:
- la forma acuta può manifestarsi da una a 5-6 settimane. Molto dolorosa arreca importante disagio e impotenza funzionale
- la forma cronica che può manifestarsi per molti mesi; presenta un dolore continuo, sordo, di intensità fissa. Questo dolore è nettamente inferiore a quello della forma acuta
- la forma cronica subentrante caratterizzata da periodi di dolore e periodi di completo benessere. La sua durata minima di 1-2 mesi può protrarsi anche per oltre 6 mesi.
Qual è la diagnosi che individua la calcificazione della spalla?
L’esame radiografico permette allo specialista di diagnosticare bene la presenza di calcificazioni e, soprattutto, di capire lo stadio della malattia.
L’esame radiografico è condotto con proiezioni sia in posizione neutra che in extra e intrarotazione, che permettono di osservare due aspetti radiografici delle calcificazioni:
- il primo aspetto ci fa vedere immagini dai contorni netti, distinti, di densità omogenea ed uniforme.
Ci troviamo di fronte alla fase di formazione o di quiescenza - il secondo aspetto è nebuloso, a fiocchi di cotone, con contorni non ben definiti.
Ci troviamo di fronte alla fase di riassorbimento.
Se questo quadro è associato alla presenza di una banda a forma di semiluna possiamo pensare a una rottura della calcificazione all’interno della borsa sottoacromiale.
Per il riconoscimento delle calcificazioni è molto utile l’ecografia che permette di evidenziare la totalità delle calcificazioni.
Terapia
Nella scelta del trattamento devono essere valutati e messi in relazione tra loro l’anamnesi, la sintomatologia e il quadro radiografico.
Inoltre, nella grande maggioranza dei casi, l’evoluzione delle calcificazioni è la risoluzione spontanea.
Diverse sono le metodiche di trattamento che possono essere impiegate:
1) Conservativa: nella fase cronica è naturalmente la terapia d’elezione. Le sue fondamenta poggiano sulla kinesi e sulla terapia fisica.
Si può fare uso della crioterapia se il dolore è più intenso o del calore nei casi francamente cronici
2) Onde d’urto: agiscono direttamente sul tendine, nella sua zona inserzionale (dove si attacca sull’osso) e nella zona pre-inserzionale andando a stimolare il tessuto tendineo, modificando il connettivo, e richiamando il sangue per facilitare il processo di guarigione.
Questa terapia può a volte presentare aspetti dolorosi e va prescritta con oculatezza dal medico
3) Agoaspirazione e lavaggio ecoguidati: tale procedura consiste nell’inserimento di uno o due aghi all’interno della calcificazione mediante la guida ecografica.
Una volta centrata la calcificazione, si comincia un lavaggio con acqua calda (fisiologica sterile) in grado di sciogliere la maggior parte delle calcificazioni
4) Artroscopia: al contrario dell’agoaspirazione il trattamento artroscopico trova la sua migliore indicazione nei casi di calcificazioni radiologicamente dense e a margini netti. L’indicazione all’intervento di asportazione delle calcificazioni per via artroscopica deve essere data con parsimonia ed oculatezza, bisogna essere certi che i depositi siano responsabili della sintomatologia dolorosa, bisogna diagnosticare l’eventuale presenza di patologie associate e quindi bisogna pianificare gli eventuali gesti chirurgici necessari (acromion plastica, sezione del C-A, ecc)
La scelta del trattamento deve sempre tener conto di tutte le variabili presenti perché l’atteggiamento dello specialista, anche davanti allo stesso quadro radiologico, potrà e dovrà essere diverso a seconda della sintomatologia e della durata del dolore.