Anastomosi delle tube (o salpingi)

Anastomosi delle tube (o salpingi)

 

Il primo intervento chirurgico con il robot è stato eseguito sulle salpingi, ambito chirurgico fra i più complessi, riguardante le pareti delle tube uterine.

L’indicazione di procedere con la chirurgia robotica per la riapertura delle salpingi dopo legatura delle stesse per sterilizzazione volontaria, sta proprio nella qualità delle suture, che possono essere eseguite con facilità grazie agli strumenti robotici. Infatti, l’anastomosi delle salpingi prevede una serie di punti con fili riassorbibili estremamente sottili, usati per ricostruire lo strato muscolare e la sierosa delle salpingi.

L’estrema precisione dell’operazione microchirurgica riporta in letteratura in prima esperienza, un successo in termini di gravidanze del 50% (in assenza di gravidanze ectopiche). Se esistono gli estremi per eseguire un tentativo di anastomosi tubarica, la tecnica robotica rimane la prima scelta per le qualità espresse dal robot in questo genere di intervento.

Chirurgia del prolasso genitale

Chirurgia del prolasso genitale

 

Lo standard di cura del prolasso genitale è il trattamento chirurgico per via vaginale.  L’intervento per via addominale per la cura della recidiva del prolasso genitale si effettua quando la prima chirurgia ha rimosso il viscere uterino,e consiste nel posizionamento di una rete (promontosacropessia). Negli anni ‘90 si è diffusa la procedura per via laparoscopica che incrementa i tempi operatori ma ha i vantaggi della chirurgia mini-invasiva. Evitare la laparotomia in pazienti nelle quali viene posizionata una rete permanente riduce significativamente l’incidenza di infezioni peritoneali ed elimina il rischio del laparocele (ernia dell’addome dovuta al taglio). La promontosacropessia prevede l’ancoraggio di una rete alla vagina (parete posteriore, cupola vaginale e parete anteriore) ed il successivo fissaggio al promontorio sacrale.

I giorni di degenza sono ridotti (tre in media) e l’intervento con il robot permette una ridotta invasività anestesica per la paziente.

Chirurgia robotica ginecologica

Chirurgia robotica ginecologica

 

La chirurgia robotica rappresenta la nuova frontiera della chirurgia mini-invasiva. Il robot Da Vinci, uno dei robot chirurgici più diffusi al mondo, conferisce al gesto chirurgico una precisione non ottenibile con altre tecniche; si possono superare i limiti legati alla difficoltà di trattare con la laparoscopia patologie in sedi anatomiche difficili da raggiungere estendendo ad interventi complessi – con la stessa qualità ed efficacia della chirurgia tradizionale – i benefici della mini-invasività: nessuna cicatrice estesa sull’addome, ridotto tempo operatorio, minor anestesia e ripresa più rapida.

L’evoluzione della chirurgia laparoscopica è un robot che, oltre ad offrire i vantaggi della chirurgia mini-invasiva, è supportato da una strumentazione che permette di superare i limiti degli strumenti offerti dalla chirurgia laparoscopica stessa. Il robot utilizzato in Humanitas è tra le versioni più evolute, con quattro bracci e visione tridimensionale ad alta definizione.

L’intervento con il robot evita il taglio sull’addome anche per interventi ginecologici oncologici.

 

La chirurgia robotica può essere applicata nei seguenti casi:

-Anastomosi (chirurgia delle tube o salpingi)

-Miomectomia

-Interventi per tumori all’utero

-Promontosacropessia

-Endometriosi

 

Caratteristiche e vantaggi della chirurgia robotica

 

Il robot da Vinci è un sistema integrato costituito da due parti:

-Console chirurgica: la console chirurgica è il centro di controllo del robot in sala operatoria. Il chirurgo è seduto alla console e, attraverso dei manipoli che compiono movimenti a 360 gradi, comanda gli strumenti chirurgici. Attraverso il visore il chirurgo vede, in visione tridimensionale, tutto ciò che la telecamera inquadra.

-Carrello chirurgico: è  il vero e proprio robot ed è localizzato al tavolo operatorio.

 

I bracci del robot montano gli strumenti chirurgici e al tavolo operatorio sono presenti gli assistenti che coadiuvano le fasi dell’intervento.

 

Aspetti tecnico-operativi

 

Gli strumenti robotici vengono introdotti nell’addome attraverso cannule da 8 mm (trocars), fissati tramite sicure ai bracci del carrello chirurgico. Gli strumenti, in continua evoluzione, sono estremamente versatili nei loro movimenti: la loro articolazione permette sette movimenti sul proprio asse, con angolature di 90° che, in casi particolari, agevolano il raggiungimento di spazi anatomici ristretti e profondi.

 

Vantaggi generali della chirurgia robotica

 

Tutti gli interventi che possono essere eseguiti con la tecnica laparoscopica possono essere eseguiti con l’ausilio del robot, evitando così il taglio sull’addome e rispettando l’integrità corporea della donna. Con la chirurgia robotica si sono ridotti i tempi operatori (ridotta anestesia e minore stress fisico per la paziente).

L’utilizzo del robot risulta particolarmente vantaggioso nella chirurgia pelvica, quindi in ginecologia (endometriosi setto retto-vaginale, intestinale) e nella chirurgia di pazienti obese, dove l’ingombro intestinale restringe il campo di azione.

La visione tridimensionale del robot aiuta il chirurgo a visualizzare meglio nervi, vasi ed alcune strutture legamentose.

Embolizzazione dei fibromi uterini

Embolizzazione dei fibromi uterini

 

L’embolizzazione dei fibromi uterini è un’alternativa mini-invasiva alla chirurgia per l’eliminazione dei fibromi uterini che consiste nell’occludere in modo selettivo i vasi sanguigni che apportano nutrimento ai fibromi.

 

Che cos’è l’embolizzazione dei fibromi uterini?

 

L’embolizzazione dei fibromi uterini viene effettuata tramite l’impiego di materiali embolizzanti che sono introdotti mediante catetere. La procedura è eseguita generalmente in anestesia locale e il catetere è inserito sotto controllo radiologico.

 

Come si svolge l’embolizzazione dei fibromi uterini?

 

L’intervento si svolge in sala angiografica in condizioni di sterilità. Dopo aver somministrato alla paziente un’anestesia locale, viene incannulata l’arteria femorale e successivamente l’arteria uterina. Una volta posto il catetere nell’arteria uterina è possibile procedere con l’embolizzazione selettiva per far sì che la sostanza embolizzante utilizzata vada ad occludere l’area vascolare peritumorale. Dopo essersi assicurato della riuscita della devascolarizzazione il medico sfila il catetere e appone una medicazione compressiva sul punto d’ingresso del catetere nella cute. In caso di grossi fibromi è utile l’anestesia epidurale. L’intervento dura in media un’ora.

 

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’embolizzazione dei fibromi uterini?

 

Il principale vantaggio di questo trattamento consiste nella marcata riduzione dimensionale dei fibromi uterini senza dover ricorrere all’intervento chirurgico.

Il principale svantaggio di questo trattamento è l’amenorrea (in alcuni casi transitoria, in altri permanente) che si registra in una piccolissima percentuale di pazienti in seguito a questo tipo di trattamento.

 

L’embolizzazione dei fibromi uterini è dolorosa o pericolosa?

 

Essendo una procedura che prevede l’inserimento di un catetere l’embolizzazione dei fibromi uterini può provocare fastidi e dolore addominale.  È considerata, comunque, una procedura mininvasiva rispetto alla chirurgia classica cosiddetta “a cielo aperto” (prima dell’avvento dell’embolizzazione dei fibromi uterini era l’unica possibilità di rimozione dei fibromi stessi).

 

Quali pazienti posso effettuare l’embolizzazione dei fibromi uterini?

 

Non tutte le donne con fibromi uterini possono sottoporsi alla tecnica di embolizzazione dei fibromi.

Sussistono controindicazioni nel caso di:

-presenza di fibromi uterini non sintomatici;

-menometrorragie (abbondante sanguinamento uterino che si verifica sia durante le mestruazioni che nei periodi intermestruali) legate a patologie maligne;

-donne in trattamento ormonale con progestinici;

-donne con controindicazioni al cateterismo;

-donne in gravidanza;

 

particolare attenzione deve essere prestata alle pazienti con ipersensibilità o allergia ai mezzi di contrasto utilizzati per monitorare l’inserimento del catetere (che avviene sotto guida radiologica).

 

Possono invece sottoporsi a questo trattamento le donne con fibromi sintomatici che non siano peduncolati, con persistente sintomatologia emorragica o una sintomatologia che ne minacci l’integrità fisica (gravi emorragie), con presenza di un rischio anestesiologico e operatorio elevato controindicante l’approccio chirurgico classico.

 

Follow-up

 

Dopo l’embolizzazione è molto probabile la comparsa di dolore pelvico che richiede un trattamento antidolorifico appropriato. Quando i fibromi hanno un diametro di 10-12 cm è possibile osservare una sintomatologia ritardata in 3a – 5a giornata, caratterizzata da dolore pelvico-addominale associato a sintomi come reazione peritoneale, nausea e febbre che può persistere per qualche giorno. Generalmente, se i fibromi sono di diametro inferiore agli 8 cm la dimissione avviene il giorno successivo all’intervento.  La paziente sarà controllata ogni due mesi (poi a sei mesi, a 12 mesi e infine una volta all’anno) dopo aver eseguito un eco-color-doppler per monitorare la riduzione del volume del fibroma e la scomparsa della rete vascolare peritumorale; un emocromo per monitorare l’anemia e i tassi di creatina fosfocinasi (CPK) verifica la riduzione volumetrica del fibroma.

 

Ci sono norme di preparazione all’intervento?

 

Prima di sottoporsi a questo esame la paziente dovrà essere a digiuno di cibi solidi da almeno 8 ore, ma è consentito bere piccole quantità di liquidi (acqua non gassata o tè). La paziente si recherà in sala radiologica con un accesso venoso periferico.

Laparoscopia dell’ovaio

Laparoscopia dell’ovaio

 

Il trattamento per tumore dell’ovaio in età giovanile o in età fertile (tumore ovarico “borderline”) può essere affrontato per via laparoscopica asportando non solo la malattia dall’ovaio (cisti ovarica complessa) ma anche i tessuti dove più frequentemente si possono formare metastasi (appendice, omento peritoneo).

L’approccio laparoscopico per questo tumore è dimostrato essere sicuro e nella maggior parte dei casi il taglio sull’addome è superfluo.

 

L’intervento prevede la conservazione dell’ovaio e dell’utero.

Laparoscopia ginecologica

Laparoscopia ginecologica

 

E’ una tecnica chirurgica che non prevede l’incisione estesa della parete addominale, ma piccole incisioni pari a circa 5 millimetri. Attraverso le incisioni vengono introdotti gli strumenti laparoscopici, identici a quelli usati per la chirurgia tradizionale, ma miniaturizzati. Diventa quindi possibile incidere, coagulare, posizionare clips emostatiche e altro.

 

La tecnologia si è evoluta a tal punto da consentire di eseguire l’esecuzione di interventi complessi quali la resezione del retto per endometriosi, l’asportazione di uteri anche con voluminosi fibromi, cisti ovariche di qualsiasi natura o quelli oncologici dove risulta saltuariamente necessario rimuovere anche i linfonodi pelvici e lombo-aortici.

 

La chirurgia laparoscopica è indicata per:

-patologia delle ovaie e salpingi

-endometriosi

-patologia dell’utero

-prolasso genitale e incontinenza urinaria

-isteroscopia

 

Miomectomia (Asportazione di fibromi uterini)

Miomectomia (Asportazione di fibromi uterini)

 

La rimozione dei fibromi uterini per via laparoscopica ha trovato il massimo sviluppo negli anni novanta. Anche se ancora molto diffusa la miomectomia per via laparotomica. Alla base della scelta chirurgica di eseguire ancora oggi la miomectomia laparotomica ci sono l’esperienza del chirurgo ginecologo e la qualità della sutura, ma è dimostrato che la sutura laparoscopica ha le stesse caratteristiche di quella eseguita con laparotomia. La sutura con il robot inoltre riduce il tempo totale dell’intervento e il sanguinamento del muscolo uterino.